Pecorai e greggi tra le montagne della Sila di Cosenza e le marine del Marchesato di Crotone

 

milizia1Il rito della trasumanza e la storia degli allevamenti in un articolo dell'Agenzia Regionale per lo Sviluppo dell'Agricoltura Calabrese

 

“Piecura nivura e piecura janca: chi mori mori, e chi campa campa.”[i] Considerati uomini rozzi e fatalisti d’indole “balorda” e di costumi “brutali”,[ii] ancora alle soglie della modernità, come un tempo, i pecorai continuavano a condurre la loro esistenza solitaria al seguito delle greggi “nelle lande Silane”, dove, abbigliati con il “vello” dei loro animali, ricordavano i fauni che popolavano i boschi degli antichi miti.

Armati dell’inseparabile “scure”, ma anche “di ogne sorte d’arme” per affrontare le asprezze e i mille pericoli della “montagna”,[iii] dove trascorrevano tutta l’estate, i “Cosentini”, “li quali sono huomini terribili”,[iv] “calavano” alla “marine” crotonesi da tempo immemorabile al termine di questa stagione, come troviamo già negli Εἰδύλλια di Teocrito (sec. IV-III a.C.), soggiornando in pianura, senza alcuna interruzione, circa sei mesi lontano dalle proprie case poste nei “Casali de Cosenza”, che così rimanevano del tutto spopolati durante l’inverno.[v] Una condizione che, come testimoniano i protocolli dei notari delle terre del Marchesato di Crotone, dove li ritroviamo spesso insediati, sia stabilmente che in qualità di “habitanti”, consolidò forti legami tra le popolazioni del Crotonese e questi “Cosentini” durante tutta la storia antica e moderna, troncati solo con l’abbandono di tale nomadismo dopo l’ultima guerra.

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foto di Fabio Milizia (Transumanza 2019)

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