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Il comune silano di Bocchigliero

boc1Un tour in un altro borgo del Parco Nazionale della Sila, Bocchigliero, grazie alle immagini del fotografo Domenico Crocco

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 Le origini della chiesa sono indissolubilmente legate alla leggenda che narra che intorno al 1300 ad una pia donna, per questo chiamata “Suora” Ortenzia, apparve in sogno la Madonna che le raccomandò di recarsi, accompagnata dal suo confessore e dalla popolazione in processione, nel bosco Basilicò e di scavare fra le macerie della vecchia chiesetta. Lì avrebbero trovato una sua immagine che avrebbero dovuto portare in paese e venerare. Rinvenuta l’icona, la popolazione gridò subito al miracolo, allorché dal dito mignolo della Madonna, mutilato durante lo scavo da un colpo di zappa, zampillò il sangue. Un’altra versione della leggenda racconta, invece, che l’immagine sacra fu rinvenuta nel tronco cavo di un castagno secolare e che la ferita al mignolo della Vergine fu provocata dall’accetta di un boscaiolo. L’icona fu trasportata in paese e collocata nell’unica chiesa allora esistente, quella dell’Immacolata (oggi San Francesco), ma la mattina successiva fu ritrovata in un luogo diverso. Si narra che questo avvenne per ben tre volte, fino a che la Madonna, volendo dare un sego tangibile della sua volontà, una mattina di agosto fece trovare coperta di neve una porzione di terreno, precisamente il Cozzo di San Lorenzo, successivamente chiamata Riforma, perché ha preso il nome dai Padri Riformati che nel 1583 vi costruirono il Convento attiguo alla chiesa. Sorse così, per spontaneo fervore del popolo, il piccolo santuario di Santa Maria di Gesù e l’effigie, considerata miracolosa, venne posta al centro dell’altare. Ad essa furono attribuiti tre nomi: Madonna ‘e da Carna, cioè Madonna della Carne, Madonna della Neve e Madonna di Jesu. Per necessità di culto oltre all’effigie venne scolpita una statua in legno raffigurante la Vergine che viene portata in processione per le vie del paese il 5 agosto di ogni anno, giorno di Santa Maria ad Nives, e in tempi passati anche durante i periodi di prolungata siccità o quando le piogge persistenti nuocevano ai prodotti della terra. La chiesetta di Santa Maria de Jesu era in origine estremamente semplice, simile alla Chiesetta di San Leonardo, soltanto più grande: di impianto rettangolare con un unico altare addossato alla parete di fondo. Nel corso dei secoli fu sottoposta a numerosi rimaneggiamenti da parte dei monaci dell’attiguo convento, che provvidero ad ingrandirla e abbellirla. Per quel che si sa fu dotata di un coro con sedici stalli in legno lavorato e di un leggìo e le pareti furono adornate di affreschi che ritraevano i due maggiori Santi dell’ordine francescano: San Francesco d’Assisi e Sant’Antonio da Padova. Il primo intervento di cui si ha notizia certa risale al 1783, in seguito ad un incendio che il 13 novembre dello stesso anno la distrusse completamente, come attesta l’iscrizione apposta su una lapide. Il contributo della popolazione e dei frati Riformati risultò prezioso per una pronta ricostruzione, tanto che si fu riaperta al culto nel 1791. Attualmente alla navata centrale longitudinale (di m. 19 circa) sono affiancate tre cappelle di forma semicircolare alle quali si accede attraverso altrettanti archi a tutto sesto che, indivise, in origine costituivano la navata laterale. Il soffitto della navata principale è decorato con pseudo lacunari lignei (quello centrale racchiude un affresco)

 

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